via Marcello Cavalli
Marcellino (così è stato registrato nell’atto di nascita e di Battesimo) doveva essere un ragazzo molto intelligente per cui il padre lo mandò a Napoli a segui- re corsi di perfezionamento per orefici. A Vieste era ritenuto un grande artista come cesellatore e a lui fu affidato l’incarico di fare la corona alla statua di Santa Maria di Merino, derubata nel 1853 con tutti gli altri ori degli ex-voti. Di idee liberali fu chiamato a far parte delle colonne mobilizzate per la lotta ai briganti che negli anni 50 infestavano il Gargano. Quella mattina, come tutti i viestani, fu svegliato dalle grida dei rivoltosi e dal susseguirsi degli spari di fucili utilizzati dai briganti entrati in Vieste, che con l’appoggio di alcuni abitanti, si diedero al saccheggio delle case delle famiglie notabili e dei vari negozi. Quello che avvenne in casa della famiglia Cavalli, viene ripreso dalle dichiarazioni del padre di Marcellino, Giovanni, allora settantasettenne, e dal fratellastro Vincenzo di anni 48, rilasciate al giudice regio Pietro Casale. “Appena cominciato lo sparo di moschetteria nella mattina … , essi [Giovanni e Vincenzo Cavalli] col fu Marcellino, rispettivo figlio e Germano, e colle donne di famiglia si vestirono ed attesero con ansia a discoprire la causa di tanto rumore: quando eccoti presentarsi un tal Giacomo Mendiola intimatore della Guardia Nazionale, ed un tale Girolamo Ruggieri di Viesti i quali conducevano quattro briganti, che entrati in camera, dopo aver presi tutte le armi addimandarono gli ori e gli argenti, capo di loro industria e professione, e presolo addimandarono anche quello che formava gli ornamenti delle donne di casa, di talché codeste dettero orecchini, anelli e monili.