via Giovanni Amenola
Un tempo questa via, che aveva e, tuttora, ha accesso da via Oberdan, si incrociava con l’ex via Giannotti. Poi con la realizzazione del palazzo sull’area della “Villa delle Fate” e degli altri caseggiati, è diventato un cortile. Giovanni Amendola, giovane riconosciuto come grande studioso, appena laureatosi ottenne la cattedra di filosofia teoretica presso l’università degli studi di Pisa e da letterato, fu chiamato a collaborare alla Voce di Papini e Prezzolini. Nell’ottobre 1909 si stabilisce con la famiglia a Firenze, dove dirige la Biblioteca filosofica. Tenta di fondare una rivista di studi religiosi d’ispirazione modernista finanziata da Alessandro Casati (che Amendola aveva conosciuto ai tempi della collaborazione a «Rinnovamento»), ma il progetto non vede la luce. Nel 1911 fonda e dirige una sua rivista assieme a Papini, «L’Anima» (1911). In quell’anno si laurea in filosofia con una tesi su Immanuel Kant (La Categoria. Appunti critici sullo svolgimento della critica delle Categorie da Kant a noi). La questione più scottante del dibattito politico italiano è l’utilità di un intervento militare in Libia. Amendola, critico in un primo tempo verso la campagna coloniale in Africa, dopo l’inizio del conflitto appoggia lo sforzo bellico dalle colonne della «Voce», contribuendo a far aderire all’impresa libica la rivista stessa. Fu anche un attivo politico e da deputato aderì al gruppo della democrazia liberale e si schierò contro la linea di Giolitti. Nel 1914 si dichiarò a favore dell’intervento nella Prima Guerra Mondiale a fianco dell’irredentismo per completare il Risorgimento e l’unificazione italiana di quel territorio ancora sottoposto all’Austria. Allo scoppia della guerra del 1915 si arruolò volontario e gli venne affidato un reparto di artiglieria con il grado di capitano e in guerra si distinse per il suo coraggio e per la sua tattica militare tanto da meritare una medaglia al valore. Al termine della guerra fu nominato direttore del Resto del Carlino e dopo l’avvento del Fascismo, fu tra i fondatori, con Gobetti e Rosselli, de Il Mondo per la difesa e la diffusione delle idee liberal-democratiche. Dopo l’uccisione di Giacomo Matteotti, divenne al Parlamento il capo dell’opposizione al regime fascista. Più volte aggredito e percosso dai fascisti, nel 1926 abbandonò la vita politica e si rifugiò in Francia dove morì il 12 aprile 1926.