San Michele Arcangelo

Il santuario di San Michele Arcangelo si trova a Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia. L’insieme fa parte del sito seriale “Longobardi in Italia: i luoghi del potere”, comprendente sette luoghi densi di testimonianze architettoniche, pittoriche e scultoree dell’arte longobarda, iscritto alla Lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel giugno 2011.
I pellegrinaggi Nel corso dei secoli, milioni di pellegrini si sono recati in visita a questo luogo di culto così antico. Tra di essi numerosi papi (Gelasio I, Leone IX, Urbano II, Alessandro III, Gregorio X, Celestino V, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II) e sovrani (Ludovico II, Ottone III, Enrico II, Matilde di Canossa, Carlo d’Angiò, Alfonso d’Aragona, Ferdinando il Cattolico). Anche San Francesco d’Assisi si è recato in visita a san Michele Arcangelo, ma non sentendosi degno di entrare nella grotta, si è fermato in preghiera e raccoglimento all’ingresso, baciando la terra e incidendo su una pietra il segno di croce in forma di “T” (Tau).

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IL RICONOSCIMENTO UNESCO  Il 25 giugno 2011 il Santuario di San Michele Arcangelo di Monte Sant’Angelo diventa Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO con il circuito seriale The Longobards in Italy, Places of Power, 568 – 774 A.D., entrando a far parte della schiera dei più autorevoli Beni Culturali del mondo e cioè nella World Heritage List.

STORIA   Secondo la tradizione, il santuario ha origine nel 490, anno della prima apparizione dell’Arcangelo Michele sul Gargano. A partire dal 650 l’area garganica, nella quale sorgeva il santuario, entrò a far parte dei domini longobardi, direttamente soggetta al Ducato di Benevento. Il popolo germanico nutriva una particolare venerazione per l’arcangelo Michele, nel quale ritrovavano le virtù guerriere un tempo adorate nel dio germanico Odino, e già a partire dal VII secolo considerarono il santuario garganico il santuario nazionale dei Longobardi. Presto San Michele Arcangelo divenne il principale centro di culto dell’arcangelo dell’intero Occidente, modello tipologico per tutti gli altri. Il santuario fu oggetto del mecenatismo monumentale sia dei duchi di Benevento, sia dei re installati a Pavia, che promossero numerosi interventi di ristrutturazione per facilitare l’accesso alla grotta della prima apparizione e per alloggiare i pellegrini. San Michele Arcangelo divenne così una delle principali mete di pellegrinaggio della cristianità, tappa di quella variante della Via Francigena oggi chiamata “Via Sacra Langobardorum” che conduceva in Terra Santa. Il Santuario infatti è uno dei tre maggiori luoghi di culto europei intitolati a San Michele, insieme alla Sacra di San Michele in val di Susa, e a Mont Saint-Michel in Normandia. I tre luoghi sacri si trovano a 1000 chilometri di distanza l’uno dall’altro, allineati lungo una retta che, prolungata in linea d’aria, conduce a Gerusalemme.

Dopo la caduta del Regno longobardo il santuario conservò la propria importante funzione all’interno della Langobardia Minor, sempre nell’ambito del Ducato del Benevento che in quello stesso 774 si elevò, per iniziativa di Arechi II, al rango di principato. Quando anche Benevento cadde nel corso del XI secolo, del santuario di San Michele Arcangelo si presero cura prima i Normanni, poi gli Svevi e gli Angioini, che si legarono a loro volta al culto micaelico e intervennero ulteriormente sulla struttura del santuario stesso, modificandone la parte superiore e arricchendolo di nuovi apparati decorativi.

ARCHITETTURA   La struttura del Santuario risulta essere costituita da un livello superiore e da uno inferiore. Al livello superiore sono presenti il portale romanico e il campanile. Il campanile è chiamato anche torre angioina in quanto fu eretta da Carlo d’Angiò come ringraziamento a san Michele per la conquista dell’Italia meridionale ed è modellato secondo lo schema delle torri di Castel del Monte. Il livello inferiore comprende la grotta, alla quale si accede direttamente dalla scalinata angioina, il museo devozionale e le cripte. La statua del Santo in marmo di Carrara fu scolpita da Andrea Sansovino ed è datata 1507. In quel periodo era vescovo di Manfredonia, la diocesi di cui faceva parte Monte Sant’Angelo, il cardinale Antonio del Monte, compaesano dello scultore e probabile committente dell’opera che rappresenta uno dei primi capolavori del Rinascimento nel sud dell’Italia. La grotta presenta al suo interno, oltre la statua del Santo, la cattedra episcopale e la statua di San Sebastiano. Le cripte si trovano in ambienti di età longobarda e servivano da entrata alla grotta. Vengono definitivamente abbandonate nel XIII secolo. Le iscrizioni lungo le pareti delle cripte, in alcuni casi a caratteri runici, testimoniano il notevole afflusso dei pellegrini provenienti da tutta l’Europa fin dall’epoca longobarda. Le cripte si sviluppano in due ambienti e in due fasi che fanno datare le costruzioni tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII secolo. La prima parte delle cripte ha la forma di una galleria porticata, articolata in otto campate rettangolari. In questo ambiente sono stati esposte sculture provenienti principalmente dagli scavi del santuario. La seconda parte delle cripte è di epoca longobarda e presentava due scale (una delle quali è andata distrutta) che terminavano con una piccola platea con un’abside e un altare con numerose iscrizioni. Le apparizioni tradizionalmente legate al santuario sono quattro.

Sanctuary of Monte Sant'Angelo, Apulia , Italy
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Staircase leading to the cave of Saint Michael the Archange, Apulia, Italy

PRIMA APPARIZIONE: L’EPPISODIO DEL TORO
Datata 490, narra di un certo Elvio Emanuele, un ricco signore del Gargano, che aveva smarrito il più bel toro della sua mandria; lo ritrovò casualmente dentro una caverna inaccessibile. Già tale situazione lo aveva incuriosito e nell’impossibilità di accedere nell’antro per recuperarlo, decise di ucciderlo scagliandogli una freccia con il suo arco; ma la freccia inspiegabilmente invertì la traiettoria e colpì il signorotto ferendolo. Meravigliato e intuendo una situazione sovrumana, Elvio si recò da Lorenzo Maiorano santo vescovo di Siponto, all’epoca importante centro della pianura (oggi località nel comune di Manfredonia), per raccontare l’accaduto. Dopo averlo ascoltato, il vescovo indisse tre giorni di preghiera e di penitenza al termine dei quali san Michele Arcangelo gli apparve in sogno dicendo: “Io sono l’Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta, io stesso ne sono vigile custode. Là dove si spalanca la roccia, possono essere perdonati i peccati degli uomini […] Quel che sarà chiesto nella preghiera, sarà esaudito. Quindi dedica la Grotta al culto cristiano”. Il vescovo non diede però seguito alla richiesta dell’Arcangelo perché sul monte persisteva il culto pagano.

SECONDA APPARIZIONE: L’EPPISODIO DELLA VITTORIA
Due anni dopo, nel 492, Siponto si trovava sotto assedio da parte delle orde del re barbaro Odoacre (434-493). Allo stremo delle forze, il vescovo di Siponto ottenne dal nemico una tregua di tre giorni durante i quali si riunì insieme al popolo in preghiera. Qui riapparve l’Arcangelo promettendo loro la vittoria. Rincuorati dal messaggio, gli assediati uscirono dalla città dando inizio ad una furiosa battaglia accompagnata da una tempesta di sabbia e grandine che si rovesciò sugli invasori. Questi, spaventati, fuggirono. In segno di riconoscenza tutta la popolazione di Siponto salì sul monte in processione. Ancora una volta, però, il vescovo non osò entrare nella grotta.

TERZA APPARIZIONE: L’EPPISODIO DELLA DEDICAZIONE
Nell’anno 493, in seguito alla vittoria, il vescovo Lorenzo Maiorano, intenzionato ad eseguire l’ordine dell’Arcangelo di consacrare la spelonca a san Michele in segno di riconoscenza, si recò a Roma da Papa Gelasio I il quale espresse parere positivo sulla vicenda ordinandogli di entrare nella grotta e consacrarla insieme ai vescovi della Puglia dopo un digiuno di penitenza. Confortato da ciò, il vescovo eseguì l’ordine. Ma l’Arcangelo apparve per la terza volta al santo vescovo annunciando che la cerimonia di consacrazione non sarebbe stata necessaria poiché egli stesso aveva consacrato la grotta con la sua presenza. Il vescovo ordinò allora la costruzione di una chiesa dinnanzi all’ingresso della grotta che venne dedicata all’Arcangelo Michele il 29 settembre 493. La sacra grotta rimane fino ai giorni nostri come un luogo di culto mai consacrato da mano umana e ricevette nel corso dei secoli il titolo di “Celeste Basilica”.

QUARTA APPARIZIONE:
Nel 1656 tutta l’Italia meridionale era infestata dalla peste. L’Arcivescovo Alfonso Puccinelli decise allora, non trovando altra soluzione per contrastare l’epidemia, di rivolgersi a san Michele con preghiere e digiuni. All’alba del 22 settembre, assorto in preghiera in una stanza del palazzo vescovile di Monte Sant’Angelo, avvertì come un terremoto e subito dopo San Michele gli apparve ordinandogli di benedire i sassi della sua grotta scolpendo su di essi il segno della croce e le lettere M. A. (Michele Arcangelo). Chiunque avesse devotamente tenuto con sé quelle pietre sarebbe stato immune dalla peste. L’Arcivescovo eseguì l’ordine dell’Arcangelo e la città fu subito libera dalla peste. A ricordo e per eterna gratitudine del miracolo, l’Arcivescovo fece innalzare un monumento al santo nella piazza della città, dove ancora oggi si trova, di fronte al balcone della stanza dove tradizione vuole sia avvenuta l’apparizione. L’iscrizione recita: “AL PRINCIPE DEGLI ANGELI – VINCITORE DELLA PESTE – PATRONO E CUSTODE – MONUMENTO DI ETERNA GRATITUDINE – ALFONSO PUCCINELLI – 1656”.