PRIMA APPARIZIONE: L’EPPISODIO DEL TORO
Datata 490, narra di un certo Elvio Emanuele, un ricco signore del Gargano, che aveva smarrito il più bel toro della sua mandria; lo ritrovò casualmente dentro una caverna inaccessibile. Già tale situazione lo aveva incuriosito e nell’impossibilità di accedere nell’antro per recuperarlo, decise di ucciderlo scagliandogli una freccia con il suo arco; ma la freccia inspiegabilmente invertì la traiettoria e colpì il signorotto ferendolo. Meravigliato e intuendo una situazione sovrumana, Elvio si recò da Lorenzo Maiorano santo vescovo di Siponto, all’epoca importante centro della pianura (oggi località nel comune di Manfredonia), per raccontare l’accaduto. Dopo averlo ascoltato, il vescovo indisse tre giorni di preghiera e di penitenza al termine dei quali san Michele Arcangelo gli apparve in sogno dicendo: “Io sono l’Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta, io stesso ne sono vigile custode. Là dove si spalanca la roccia, possono essere perdonati i peccati degli uomini […] Quel che sarà chiesto nella preghiera, sarà esaudito. Quindi dedica la Grotta al culto cristiano”. Il vescovo non diede però seguito alla richiesta dell’Arcangelo perché sul monte persisteva il culto pagano.
SECONDA APPARIZIONE: L’EPPISODIO DELLA VITTORIA
Due anni dopo, nel 492, Siponto si trovava sotto assedio da parte delle orde del re barbaro Odoacre (434-493). Allo stremo delle forze, il vescovo di Siponto ottenne dal nemico una tregua di tre giorni durante i quali si riunì insieme al popolo in preghiera. Qui riapparve l’Arcangelo promettendo loro la vittoria. Rincuorati dal messaggio, gli assediati uscirono dalla città dando inizio ad una furiosa battaglia accompagnata da una tempesta di sabbia e grandine che si rovesciò sugli invasori. Questi, spaventati, fuggirono. In segno di riconoscenza tutta la popolazione di Siponto salì sul monte in processione. Ancora una volta, però, il vescovo non osò entrare nella grotta.
TERZA APPARIZIONE: L’EPPISODIO DELLA DEDICAZIONE
Nell’anno 493, in seguito alla vittoria, il vescovo Lorenzo Maiorano, intenzionato ad eseguire l’ordine dell’Arcangelo di consacrare la spelonca a san Michele in segno di riconoscenza, si recò a Roma da Papa Gelasio I il quale espresse parere positivo sulla vicenda ordinandogli di entrare nella grotta e consacrarla insieme ai vescovi della Puglia dopo un digiuno di penitenza. Confortato da ciò, il vescovo eseguì l’ordine. Ma l’Arcangelo apparve per la terza volta al santo vescovo annunciando che la cerimonia di consacrazione non sarebbe stata necessaria poiché egli stesso aveva consacrato la grotta con la sua presenza. Il vescovo ordinò allora la costruzione di una chiesa dinnanzi all’ingresso della grotta che venne dedicata all’Arcangelo Michele il 29 settembre 493. La sacra grotta rimane fino ai giorni nostri come un luogo di culto mai consacrato da mano umana e ricevette nel corso dei secoli il titolo di “Celeste Basilica”.
QUARTA APPARIZIONE:
Nel 1656 tutta l’Italia meridionale era infestata dalla peste. L’Arcivescovo Alfonso Puccinelli decise allora, non trovando altra soluzione per contrastare l’epidemia, di rivolgersi a san Michele con preghiere e digiuni. All’alba del 22 settembre, assorto in preghiera in una stanza del palazzo vescovile di Monte Sant’Angelo, avvertì come un terremoto e subito dopo San Michele gli apparve ordinandogli di benedire i sassi della sua grotta scolpendo su di essi il segno della croce e le lettere M. A. (Michele Arcangelo). Chiunque avesse devotamente tenuto con sé quelle pietre sarebbe stato immune dalla peste. L’Arcivescovo eseguì l’ordine dell’Arcangelo e la città fu subito libera dalla peste. A ricordo e per eterna gratitudine del miracolo, l’Arcivescovo fece innalzare un monumento al santo nella piazza della città, dove ancora oggi si trova, di fronte al balcone della stanza dove tradizione vuole sia avvenuta l’apparizione. L’iscrizione recita: “AL PRINCIPE DEGLI ANGELI – VINCITORE DELLA PESTE – PATRONO E CUSTODE – MONUMENTO DI ETERNA GRATITUDINE – ALFONSO PUCCINELLI – 1656”.