via e largo Seggio
La mancanza di documenti non permette di datare l?epoca della costituzione del Seggio: è da supporre che sia stato istituito nel XIV-XV secolo o, forse, anche prima, perché i documenti seicenteschi conservati nell’Archivio Comunale fanno riferimento Ab Antico, cioè ad una esistenza antica. Il seggio di Vieste era una modesta costruzione a base quadrangolare con aperture su tre lati (forse quattro all’origine) con ampie arcate, una rivolta sulla strada della Ripe, quella centrale sulla prospiciente piazza e la terza (diametralmente opposta alla prima), chiusa dopo il terremoto del 1838. Le arcate permettevano ai cittadini di assistere alle riunioni dei nobili e successivamente a quelle del Decurionato, e di essere partecipi delle loro discussioni. Con l’avvento a Napoli dei Borboni il Seggio calò di prestigio e perse quel mordente di imporsi nella pubblica amministrazione e nell’ultimo ventennio del XVIII secolo lo stabile venne abbandonato ed acquistato dal Comune, che ne fece una sede e se ne serviva, specialmente il 2 luglio al momento del rinnovo del Decurionato e il 1° settembre durante la cerimonia dell’insediamento dei nuovi amministratori, ed ogni qualvolta vi era una riunione di una certa importanza, in cui era permesso anche ai cittadini di partecipare alla discussione, specie se era relativa alla difesa e alla sicurezza della città. Il Decurionato vi fece costruire una cella campanaria su cui innestò l’orologio meccanico con campane che suonavano ad ogni quarto di ora, dando così a tutti i cittadini di regolare al meglio i tempi della giornata, ma conservò, al di sotto del quadrante, l’antiva meridiana. La Casa Municipale, invece, era presso l’edificio poco distante situato tra vico Donna Veneranda e corso Umberto I. Oggi sia il Seggio che l’attiguo palazzo sono tutt’uno ed è stato acquistato dal signor Giuseppe Di Mauro, operatore turistico, che l’ha trasformato in albergo. Nel 1799 al centro della piazza del Seggio, i viestani innalzarono, per ordine del francese Duhesme, l’albero della libertà con il vessillo francese e il cappello frigio, per evitare la sanguinosa repressione minacciata dallo stesso generale contro i Comuni garganici, che avevano partecipato alla battaglia degli Ulivi, presso S. Severo, contro il suo esercito.