Storia
La prima attestazione documentaria di un Castrum Sancti Nicandri si ha in un documento di donazione, datato 1095, al conte Henricus di Monte Sant’Angelo († 1102/03), nipote di Asclettino I, del cavaliere normanno fratello di Rainulfo Drengot, il primo conte di Aversa[3]. Poche sono le notizie pervenute riguardo ai primi secoli, ma sembra piuttosto plausibile l’ipotesi di una fondazione normanna, se non bizantina, del primo castrum. In verità, il primo nucleo abitativo sembra fosse costituito da un casale, detto Difesa di San Nicandro, che doveva sorgere presso la via che conduce alla città federiciana di Apricena, nei pressi di una ben più antica chiesa dedicata a San Nicandro vescovo di Myra, forse una grancia di qualche monastero. A pochi chilometri, su un’altura costeggiata da un profondo canale detto “Vallone”, sorgeva una torre di avvistamento e difesa. Nei secoli successivi al primo millennio, tuttavia, il centro abitato si sviluppò proprio nei dintorni di quella torre, a cui fu addossata la costruzione di un castello già in epoca normanna. Probabilmente, la crescita demografica fu dovuta anche alla progressiva immigrazione di abitanti di casali costieri o, comunque, insufficientemente difesi, come Devia, Maletta e Sant’Annea. Tuttavia anche San Nicandro, nonostante la sua posizione nascosta soprattutto ad Oriente, conobbe alcune incursioni nemiche fino agli inizi del XVI secolo, che tuttavia non furono mai decisive per la permanenza e la crescita dell’abitato. Divenuto feudo già con i Normanni, quando fu oggetto di rivendicazioni tra le contee di Lesina e di Devia, lo troviamo sotto l’imperium di Guglielmo di Manero negli anni circostanti il 1174. Nel lungo corso di una serie di travagliati passaggi di proprietà tra vari patroni, è feudo (1269-1270) dei discendenti di Roberto de Clari; da questi passa ai Colant, ai Lagonessa, ai de Sus, per essere poi acquistato dai della Marra che lo detennero intorno al 1446-1490 perdendolo, poi, per reato di fellonia. Nei decenni intorno al 1520-1560 passa ai Picciolo e, dopo la breve parentesi dei Carrafa di Maddaloni, passa ai Caroprese (fine Cinquecento – primi Seicento) e infine ai Cattaneo, che lo detengono dal primo ventennio del Seicento sino al 1806, quando i feudatari sopperiscono al regno di Gioacchino Murat.